Macondo: 100 anni di solitudine per iniziare a fare vino

Vigneto Cantina Macondo

Ci sono giornate in cui andiamo a visitare cantine dove la soglia dell’attenzione non è al massimo, perché il produttore lo conosciamo da anni e ogni cosa ci sembra al suo posto senza novità apparenti, per cui tutto fila via liscio.

E poi ci sono delle “prime visite” come in questo caso, dove l’attenzione è invece massima e vorresti saperne sempre di più e capire ogni sfumatura dei racconti che hai il piacere di ascoltare.

COME NASCE LA CANTINA MACONDO

Lorenzo Catasta dell’azienda Macondo è il protagonista insieme al suo vino di questa giornata bellissima dove si uniscono in una bella persona, umiltà, competenza e voglia di sperimentare partendo sempre dalla terra e da quanto può offrire.

Lorenzo ha cambiato vita alla soglia dei 40 anni e da appassionato di vino con un lavoro da manager che in molti desidererebbero, decide di dedicarsi allo spirito e allo star bene andando ad imparare il mestiere di vignaiolo da Oasi degli Angeli, da Eleonora e Marco.

Crede nel loro modo di fare vino dando uno sguardo diverso all’approccio tradizionale, ma lavorando con rispetto di suoli e ambiente in campagna.

Lorenzo Catasta in vigna

L’umiltà e la sensibilità del produttore sono palpabili e trasmesse in maniera quasi viscerale da una persona che è sognatrice, da qui il nome di Macondo ripreso da Gabriel Garcia Marquez e dal romanzo Cent’anni di solitudine, ed allo stesso tempo è molto radicato alla terra ed alla concretezza che ne richiede.

La moglie lo ha sostenuto in questo cambio con la sensibilità che le donne sanno mettere per lasciare spazio in momenti di rivoluzione, dove ogni uomo ha bisogno di appigliarsi per capire che non è solo contro tutti, ma ha un porto sicuro che gli dà ancora più convinzione e che oggi restituisce la certezza che la strada tracciata e tanto anelata è quella giusta.

Uva in vigna e composizione del terreno

IL LAVORO IN VIGNA E CANTINA

Le parcelle sono riprese dal nonno ed il lavoro è fatto interamente a mano. Il lavoro minuzioso con il Trebbiano, che compone il 60% del blend ottenuto da vigne vecchie del 1970 a Montefiore, e con il Pecorino che copre il 40% proveniente da vigne giovani a Cupra Marittima (ripiantate da qualche anno), sono lo specchio dell’attenzione sulle uve selezionate con cura maniacale a mano da Lorenzo.

I tappi sono scelti con cura e con criteri che premiamo la qualità e non il costo, sebbene sia tra i più alti sul mercato. Questo rende l’idea di una ricerca della qualità su ogni aspetto per privilegiare il consumatore e la sua esperienza.

L’utilizzo di legno nuovo di rovere per 20 mesi ogni anno accomuna la sua visione a quella di Oasi degli Angeli, a cui si aggiungono 6 mesi di acciaio per l’affinamento dei vini prima dell’imbottigliamento. La scelta del legno è in funzione del vino e del desiderio di portare complessità senza sovrastare il vino con sentori omologati e prevaricanti.

Uva Trebbiano

Viene svolta una sorta di pre macerazione a freddo: le uve appena raccolte vanno in cella frigo ad 1 grado centigrado circa, il tempo necessario per far si che le sostanze aromatiche presenti nella buccia degli acini abbiano una buona concentrazione nella polpa, conseguentemente ad una naturale piccola perdita di acqua anche il mosto che verrà pigiato sarà più concentrato.

Di seguito, con la pressa soffice a membrana, vengono pigiate le uve a grappolo intero, il solo mosto fiore viene portato nelle botti per la fermentazione, e non viene praticata la torchiatura delle vinacce.

Per cui qualche residuo di bucce o qualche acino può finire in botte, ma non viene svolta la macerazione.

Sala Degustazione e Barriques

Siamo convinti che questi vini saranno molto ambiti e la loro scarsa reperibilità contata in una produzione da 1500 bottiglie all’anno porterà inevitabilmente all’esaurimento in tempi rapidi di questo nettare.

Assaggiando i vini 2017, 2018 e 2019 e 2020 in anteprima abbiamo trovato tanti vini, forse i 100 che ci ricollegano al romanzo di Gabriel Garcia Marquez: in tutti troviamo l’annata a partire dal colore davvero diverso e troviamo una dinamica che ci coccola portandoci dalle note classiche del Trebbiano alla frutta agrumata per tornare a maggior concentrazione del frutto, alla parte salata, a note più marine.

In 5 ore di degustazione il vino di ogni annata si allontanava dalle altre per tornare a somigliarci, ritrovando la mano (felice) del produttore e poi di nuovo via per la sua strada.

Degustazione delle Varie Annate di Trebbiano Macondo

Il sentore del legno in fase di apertura soprattutto sulla 2018 si è percepito, ma con lo scaldarsi del vino se ne è andato lasciando spazio solo al vino.

Temperature superiori hanno fatto uscire una freschezza ed una spinta incredibili su tutti i vini con la sensazione che la 2019 sia oggi più indietro rispetto alle altre, con un potenziale però superiore che le altre annate compensano con note più calde e suadenti (2017) o maggior equilibrio (2018).

La 2020 provata era un Trebbiano quasi in purezza che ci è piaciuto molto, oggi è ancora solo un’idea, ma si sa che da Macondo tante cose prendono vita nel corso del tempo…

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